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Materie prime critiche, l’Europa punta (anche) sulle sue miniere

Le materie prime sono fondamentali per l’economia europea e per la transizione ecologica ma l’accesso ad alcune di esse genera una crescente preoccupazione all’interno dell’UE e in tutto il mondo, in vista del Green Deal, delle condizioni di estrazione negli altri Paesi e del delicato equilibrio nel rapporto fra gli Stati

L’approvvigionamento delle critical row materilas (CRM), ossia di quelle materie prime che sono giudicate critiche dall’Unione Europea sia perché necessarie per l’economia che per l’alto rischio associato alla loro fornitura, è un tema centrale quanto spinoso. A livello industriale sono fondamentali per produrre un’ampia gamma di beni e applicazioni che utilizziamo nella vita di tutti i giorni e nelle moderne tecnologie: uno smartphone, ad esempio, potrebbe contenere fino a 50 diversi tipi di metalli, che contribuiscono alle sue dimensioni ridotte, leggerezza e funzionalità. Infine, a livello ambientale, sono strettamente legate alle tecnologie pulite e insostituibili nei pannelli solari, nelle turbine eoliche, nei veicoli elettrici e nell’illuminazione a risparmio energetico.

Per monitorare i bisogni e le difficoltà dell’approvvigionamento di materie prime, la Commissione europea ha creato un elenco di materie prime critiche per l’UE, soggetto a revisione e aggiornamento regolari; l’ultimo ne conta trenta tra cui bauxite, litio, titanio e stronzio inserite nel 2020.

Inoltre, lo scorso 24 novembre il Parlamento europeo ha votato la risoluzione basata sulla relazione dell’eurodeputata leader Hildegard Bentele (PPE – DE) su una strategia europea per le materie prime critiche che punti su diversificazione, riciclo e approvvigionamento interno. Ma andiamo con ordine.

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La risposta dell’Europa

A settembre 2020 la Commissione europea ha proposto un piano d’azione sulle materie prime critiche, a fine novembre è arrivata anche la risposta del Parlamento europeo attraverso la relazione di iniziativa della Commissione Industria, Ricerca ed Energia (ITRE), discussa e approvata durante la sessione plenaria di novembre. La relazione dell’eurodeputata leader Hildegard Bentele è stata adottata con 543 voti favorevoli, 54 contrari e 94 astensioni: i deputati e la Commissione europea si sono mostrati in sintonia per quel che riguarda la riduzione della dipendenza dell’Unione dalle importazioni di risorse necessarie per le transizioni verdi e digitali, nell’ambito rispettivamente del Green Deal europeo e della Strategia digitale europea.

“Nel 2050 avremo bisogno di 60 volte più litio e 15 volte più cobalto, solo per le batterie elettriche. Avremo bisogno di dieci volte più elementi delle terre rare”, ha affermato durante il dibattito in plenaria Thierry Breton, Commissario europeo per il mercato interno, aggiungendo che per questi dati non sono neanche stati presi in considerazione “il fabbisogno di materie prime quando si tratta di altre applicazioni industriali che verranno implementate quando avremo la transizione verde e digitale”.

Le preoccupazioni dei partiti ambientalisti

L’estrazione di terre rare in Europa, però, specie nelle zone di interesse naturalistico, preoccupa i partiti ambientalisti. Sara Matthieu (BE, Verdi/ALE) relatrice per parere della commissione per l’ambiente (ENVI) ha chiarito nel suo intervento: “Non possiamo avere attività minerarie in riserve naturali protette… Non c’è il supporto dei cittadini per tali misure”.

Matthieu sostiene infatti che tali provvedimenti sarebbero contrari allo spirito del Green Deal europeo, aggiungendo che i colleghi che sostenevano che si potesse raggiungere un equilibrio tra le esigenze economiche e la biodiversità stavano “sognando”, poiché di fatto stavano “cercando di consentire l’estrazione su larga scala in zone vulnerabili e in ecosistemi fragili”.

Tuttavia la posizione dei Verdi non ha prevalso. Hildegard Bentele in un comunicato stampa ha rassicurato a suo modo, affermando che i timori degli ambientalisti sono stati ampiamente dissipati: “La maggioranza dei miei colleghi ha sostenuto la nostra posizione per consentire progetti minerari nelle aree di conservazione della natura solo in modo molto limitato e a condizioni rigorose: questo corrisponde anche all’attuale situazione giuridica ai sensi della direttiva Natura 2000”.

Secondo Bentele si tratta di un compromesso necessario per rendere la strategia CRM un successo, perché era importante che l’Ue si assumesse le sue responsabilità. “Se ci ritiriamo in un atteggiamento di blocco in Europa, – ha affermato – l’aumento dell’estrazione di materie prime critiche nei paesi terzi continuerà, e questo è anche associato a rischi di approvvigionamento”.

In effetti le condizioni minerarie nei Paesi dove già avvengono le estrazioni per lo più inferiori a quelle utilizzate nell’UE in termini sociali e ambientali, c’è inoltre il rischio che l’accesso alle materie prime diventi un “mezzo per esercitare pressione geopolitica sull’Unione e sulle nostre imprese”. “Invece di ‘non nel mio cortile’ – ha concluso Bentele – abbiamo bisogno della diffusione di buoni esempi di estrazione sostenibile che stabiliscano standard in tutto il mondo”.

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di Silvia Santucci

 

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