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Erion all’Ecoforum, Giorgio Arienti: “I RAEE strategici per l’economia circolare in Italia, ma è necessario aumentare la raccolta”

Il 6 luglio 2022, il Direttore Generale di Erion WEEE ha partecipato al panel “L’innovazione: dai processi di filiera ai progetti faro” organizzato nell’ambito della conferenza nazionale sull’economia circolare, organizzata da Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club

Il 6 luglio 2022 Erion ha preso parte alla seconda e conclusiva giornata di Ecoforum, la conferenza nazionale sull’economia circolare, organizzata da Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club. Giorgio Arienti, Direttore Generale di Erion WEEE, ha tenuto il primo dei tanti interventi della III sessione di lavori dedicata al tema de “L’innovazione: dai processi di filiera ai progetti faro”.

 

“La filiera dei RAEE deve poter contribuire all’economia circolare”
Arienti ha evidenziato come i RAEE rappresentino “Una filiera strategica perché dai essi si riciclano materie prime seconde (MPS) importanti per l’industria. Nel 2021 – ha precisato il Direttore di Erion WEEE – il sistema RAEE italiano ha gestito circa 400mila tonnellate di rifiuti, ricavando oltre 350mila tonnellate di MPS come ferro, rame, alluminio e plastica. Potremmo arrivare a gestirne 800mila tonnellate e ricavare circa 700mila tonnellate di MPS. Il problema è che il sistema di raccolta dei RAEE è un colabrodo, nel senso che metà dei RAEE che escono dalle case degli italiani scompare letteralmente senza lasciare traccia”.

I RAEE come miniera di materie prime critiche
L’importanza di ottimizzare il sistema RAEE è legata al fondamenale tema dell’approvvigionamento delle materie prime critiche (CRM) da parte del comparto industriale. “Abbiamo recentemente fatto fare da Ambrosetti uno studio su questo tema che ha mostrato aspetti molto interessanti. Innanzitutto – ha detto Arienti – bisogna ricordare che per materie prime critiche si intende un gruppo di circa 30 materie che sono essenziali per diversi comparti industriali: quello aerospaziale, che ne usa 26 su 30; l’industria energetica che ne utilizza 24; il settore dell’elettronica che ne adopera 21. Ben 18 di queste CRM sono indispensabili per il settore delle energie rinnovabili. Lo studio Ambrosetti ha mostrato come circa 564 miliardi di euro dell’industria italiana, quindi circa un terzo del Pil del Paese, siano di fatto abilitati dall’utilizzo di materie prime critiche.

Il contesto geopolitico delle CRM
Il Direttore di Erion WEEE ha ripercorso il contesto geopolitico legato alla difficoltà di approvvigionamento delle materie prime critiche. “Molte di queste, sono purtroppo collocate in Paesi che hanno relazioni politiche difficili con l’Unione Europea e col mondo occidentale in generale: parliamo di stati come Cina, Russia, Repubblica Democratica del Congo e Sud Africa. Si pensi che quasi l’80% del litio è venduto dal Cile, che la Cina fornisce all’Ue il 98% delle terre rare di cui abbiamo bisogno e che il 70% del cobalto proviene dalla Repubblica Democratica del Congo. C’è, dunque, un rischio geopolitico di approvvigionamento che l’Ue e l’Italia devono in qualche modo affrontare. Dallo studio di Ambrosetti è emerso che se l’Italia riuscisse a raggiungere i livelli di raccolta RAEE dei Paesi europei più avanzati, ovvero se riuscissimo ad arrivare ad almeno 600mila tonnellate annue, potremmo ridurre di circa l’11% l’importazione di materie prime critiche. Sarebbe un contributo significativo che potrebbe raggiungersi in un modo relativamente semplice: basterebbe incrementare la quantità dei RAEE che riusciamo a intercettare e a sottoporre a un corretto trattamento”.

“Migliorare il sistema con meno burocrazia e più controlli”
Ma come fare a intercettare più RAEE? “Perché ciò accada – ha concluso Arienti – è necessario sostenere una serie di passaggi. I soldi ci sono: nell’ambito dei progetti faro del PNRR, 150 milioni di euro sono stati destinati allo sviluppo di impianti innovativi per la raccolta e il trattamento dei RAEE. Ci sono imprenditori pronti a investire, ma persistono due temi critici. Il primo è quello sui tempi autorizzativi, che devono essere più brevi e più certi: non credo che sia possibile realizzare impianti di economia circolare se il tempo di autorizzazione è compreso fra i due e i sei anni. Fra sei anni il mondo sarà cambiato e non sarà quello che stiamo affrontando adesso. L’economia circolare deve accadere in tempi brevi, serve snellire l’iter autorizzativo che è assolutamente inaccettabile”.

Per diminuire la dispersione dei RAEE servono informazione, servizi e controlli
Il secondo tema critico è quello della dispersione dei RAEE al di fuori dalla filiera formale. Per diminuire questa perdita dei flussi, secondo Arienti, serve migliorare in tre azioni. “La prima è aumentare l’informazione verso i cittadini, molti dei quali ancora non sanno come smaltire correttamente i propri rifiuti elettronici. La seconda azione è quella di moltiplicare le modalità di raccolta dei RAEE: dev’essere ancora più semplice per consumatori conferire correttamente i piccoli RAEE. La terza azione è quella di fare emergere i flussi sommersi. Se è ipotizzabile che i piccoli RAEE possano finire erroneamente nei sacchi neri dell’indifferenziata – ha detto Arienti – non è immaginabile che quelli grandi (come lavatrici o frigoriferi) restino nelle case degli italiani. La domanda è: dove vanno a finire questi rifiuti? Per fare economia circolare, per catturare materie prime, è necessario che gli enti di controllo accendano un faro su tutti i soggetti che hanno un’autorizzazione al trattamento dei RAEE e sui i soggetti che lavorano filiere contigue a quella dei RAEE. Ciò si rende necessario per capire dove vanno realmente a finire quei rifiuti che potrebbero apportare un contributo fondamentale all’economia circolare nel nostro Paese”.

 

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