JAGO è uno dei grandi maestri mondiali dell’arte contemporanea. Nato a Frosinone, classe 1987, ha acquisito levatura internazionale grazie ai suoi capolavori scolpiti nel marmo che, per sua stessa ammissione, “utilizza come materiale nobile, trattando temi fondamentali dell’epoca che abita, instaurando un rapporto diretto con il pubblico mediante l’utilizzo di video e di social network, per condividere il processo produttivo”. Dal 2016, anno della sua prima mostra personale a Roma, ha vissuto e lavorato in Italia, Cina e America. È stato professore ospite alla New York Academy of Art, dove ha tenuto una masterclass e diverse lezioni nel 2018. Jago, signore del marmo, è uno dei volti artistici di “Materia Viva”, il docufilm promosso da Erion WEEE in collaborazione con Libero Produzioni, per sensibilizzare i cittadini italiani sui temi della sostenibilità, dell’economia circolare e dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE).
Nella tua arte sono presenti due registri comunicativi: quello delle opere che ricalcano i canoni della classicità e quello della loro presentazione al pubblico, che utilizza i modernissimi social network. È un binomio armonico o forzato dal rapido sviluppo della tecnologia?
Credo che i due linguaggi possano coesistere magnificamente e vivere in assoluta armonia fra di loro. L’apparato estetico, l’immagine che produco, vive anche nella necessità di essere condiviso. I canali della comunicazione si evolvono con grande rapidità, e se qualcuno tenta di veicolare temi sani, genuini, che hanno anche un legame con la tradizione, troverà sempre un pubblico interessato e capace di riconoscersi in essi. Non esistono contenuti del passato, solo quelli che hanno una grande età. A livello espressivo, tutto ciò che oggi ci circonda è contemporaneo: non fa differenza che lo si metta dentro un social network o che ci si passi di fronte per instaurare un contatto visivo. È solo un dettaglio.
Nella tua quotidianità c’è il marmo, una materia che, tra le tue mani, diventa davvero viva, dando vita a soggetti amati da milioni di persone in tutto il mondo. Come si dà un’anima a questa risorsa della Terra?
Il marmo è sicuramente una materia viva, come lo sono tutte le cose che vibrano. Il risultato di quello che faccio è frutto di una serie continua di vibrazioni che tento di controllare. Le mie opere sono fatte di una sostanza che, in qualche modo, contiene già quella forma. Io mi assumo la responsabilità di sceglierne una tra le tante possibili.
Nel Docufilm affermi che “la tecnologia ha un valore incredibile, ma dipende dall’uso che si fa di essa”. Ci racconti di una volta che l’hai usata in modo positivo?
Un uso positivo della tecnologia, per me, è quello che permette di trasformare la mia opera in qualcosa di condivisibile che possa diventare per gli altri il motore di un desiderio, in parte di emulazione, nonché un trampolino di lancio per l’astrazione. Per essere più preciso, se, fra cento anni, un bambino, scavando nella terra, dovesse tirare fuori un pezzettino di una delle mie opere e, in quel momento, si rivolgesse alla mamma dicendo di voler creare la stessa cosa, ecco per me quello sarebbe un grande goal, perché sarebbe la dimostrazione che quel bambino ha capito che dietro quell’opera c’è il gesto di un essere umano che è scomparso e non esiste più. A me questo interessa, nel lungo termine.
Parliamo del breve termine.
Riuscire a condividere le mie opere, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, è importante. Spero sempre che appaiano sullo schermo del telefono di qualcuno che abbia voglia di capire cosa fare nella vita: un tema ricorrente. Mi sono reso conto di essere seguito da tanti giovani e questo mi ha portato inevitabilmente a farmi delle domande: che cosa sto dicendo e in che modo li sto influenzando? Quello che comunico li aiuta a migliorare e porsi delle domande diverse da quelle si farebbero stando chiusi nella loro cameretta, senza confrontarsi con il mondo? L’uso quotidiano della tecnologia diventa, dunque, un comportamento sano se ci lasciamo guidare da domande precise che riguardano gli altri.
Pensi che possa funzionare anche per i RAEE?
Certo. L’atteggiamento positivo parte da domande che puntano a capire da dove viene una determinata apparecchiatura elettronica, come è stata costruita, qual è la sua storia, che cosa produce una volta che verrà abbandonata, se è possibile recuperarla o ripararla, prima di conferirla perché le materie in essa contenute vengano riciclate.
La tua arte ispira le persone. Tu da quale arte sei stato ispirato?
Da quella dei morti, che sono i migliori maestri, perché non si possono rifiutare di insegnare i loro segreti: sono già tutti condivisi.
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