Si chiama decreto semplificazioni ma relativamente all’economia circolare contraddice il suo obiettivo e scontenta gli attori principali. Secondo chi se ne intende non tocca temi strategici, prevede modifiche che potrebbero addirittura complicare le procedure, e semplifica solo l’incenerimento (peraltro contro le linee guida della Commissione che esclude appunto l’incenerimento dai Pnrr).
Il decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, approvato dal governo e affidato alla Camera per conversione (commissioni riunite Affari Costituzionali e Ambiente, dl 3146) dedica specificamente all’economia circolare due articoli: il 34 (Cessazione della qualifica di rifiuto) e il 35 (Misure di semplificazione per la promozione dell’economia circolare).
Difficile orientarsi nel groviglio di taglia e incolla tipico della legislazione nazionale. Secondo la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento del governo, l’articolo 34 “è volto a razionalizzare e semplificare la procedura in materia di end of waste (EoW) prevista dall’articolo 184 ter del Codice dell’ambiente, prevedendo in particolare che il rilascio dell’autorizzazione avvenga previo parere obbligatorio e vincolante dell’Ispra o dell’agenzia regionale di protezione ambientale territorialmente competente: in tal modo – afferma la relazione – la valutazione viene anticipata alla procedura all’esito della quale l’autorizzazione viene rilasciata da parte dell’autorità competente”. Insomma il controllo e il parere di Ispra o Arpa regionali arriva prima e diventa “obbligatorio e vincolante”.
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“Oggi per emanare un provvedimento EoW occorrono almeno 5 anni, ma ogni anno vengono immessi nel mercato decine di nuovi prodotti che richiedono nuove tecnologie per poter procedere al loro riciclaggio. Semplificare è quindi fondamentale e per noi significa allineare i tempi della burocrazia a quelli dell’evoluzione tecnologica. Se ciò non avviene, la nostra sfida per la transizione ecologica è persa in partenza”, riflette Stefano Leoni della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “Introdurre un parere obbligatorio e vincolante da parte dell’ISPRA e delle Agenzie regionali per l’ambiente addirittura appesantisce un percorso già irto di ostacoli e crea diversi dubbi ordinamentali. Rimane infatti in capo ad un organismo tecnico (ISPRA e agenzie) una funzione da amministrativa attiva come ad esempio la verifica della sussistenza di un mercato per determinati tipi di materiali. Oltre al fatto che Ispra o le Agenzie non sono in grado di valutarlo, così come il fatto che quel prodotto sia correttamente venduto e utilizzato all’estero Bisogna ricordare che la promozione dello sviluppo dei mercati è una funzione prettamente politica e quindi di amministrazione attiva”. In altri termini la disposizione presentata dal Governo, aggiunge ancora Leoni, “travalica le competenze tecniche di quegli istituti per entrare nelle competenze di un’amministrazione attiva, che è quell’amministrazione che ha il potere di rilascio dell’autorizzazione, ossia un’amministrazione che ha anche funzioni politiche, come Comuni e Regioni. Il suo conferimento a organismi tecnici apre la porta a futuri contenziosi forieri di ulteriori problemi e lungaggini. L’antitesi della semplificazione”.
In conseguenza dell’articolo 34, ragiona poi Leoni, “il potere discrezionale dell’ente amministrativo attivo, delle Regioni, non esiste più: sono infatti costrette a ratificare quello che dicono Ispra e Arpa regionale e farlo proprio”. Inoltre “visto che col parere vincolante questi istituti avranno una capacità decisionale determinante, non so quanto saranno disposti ad assumersi responsabilità”.
di Daniele Di Stefano
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