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I lavori in corso per misurare il riutilizzo

Un documento dell’Agenzia europea per l’ambiente prima e il Rapporto nazionale su riutilizzo poi hanno riacceso l’attenzione sul tema della misurazione del riutilizzo, uno dei pilastri dell’economia circolare

Il riutilizzo dei beni, che vuol dire prevenzione dei rifiuti, è un po’ l’ancella dell’economia circolare, monopolizzata nell’immaginario comune dal riciclo. A favorire questo sbilanciamento influisce anche il fatto che mentre il riciclo è misurato con sempre maggiore accuratezza, il riutilizzo resta in un limbo di incertezza. Prova ne sono i dati pubblicati il 6 marzo dell’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) che restituiscono un difforme e incoerente panorama continentale. Proprio su quei dati e sul lavoro di misurare ha riflettuto il Rapporto Nazionale sul riutilizzo 2024, curato dall’Osservatorio sul Riutilizzo e realizzato col sostegno di Rete Onu (gli operatori dell’usato, che insieme ad ISPRA sono dietro italiani ai dati forniti all’AEA) e della piattaforma Labelab, col patrocinio di ISPRA.

Il riutilizzo “si colloca al vertice della gerarchia delle soluzioni am­bientali proposte dalla normativa europea e italiana – spiega nel Rapporto Mario Sunseri, vicepresidente di Labelab – eppure fino a poco tempo fa mancava formalmen­te una quantificazione chiara di questa pratica vitale”. La mancanza di informazione rappresenta un vulnus conoscitivo ma anche operativo: difficile mettere in campo iniziative corrette a favore di un comparto quando non si conoscono le realtà che di queste iniziative dovrebbero essere oggetto. Ecco perché il Rapporto Nazionale sul riutilizzo 2024 si apre proprio con i primi dati ufficiali pubblicati dall’Agenzia Europea per l’Ambiente: “Un momento importante per il set­tore”, sottolinea Sunseri.

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di Daniele Di Stefano

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