Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) è una possibilità concreta per ripensare molti aspetti dell’economia italiana e per sviluppare forme di economia circolare. Purtroppo, però, al momento della sua formulazione il coinvolgimento attivo della cittadinanza è stato fatto “uscire” dalla porta. O meglio, di fatto, non è mai stato contemplato. C’è ancora tempo per farlo rientrare “dalla finestra”, nel processo di implementazione del Piano?
Tra qualche giorno lo sapremo, anche se il governo Draghi ha già dato delle prime indicazioni sulla governance che non lasciano molti dubbi: la regia del tutto dovrebbe essere direttamente nelle mani di Palazzo Chigi, e il coinvolgimento dei ministeri e degli enti locali non prevede nessuna forma di partecipazione diretta dei cittadini e delle associazioni della società civile (quindi non semplicemente delle cosìdette “parti sociali”). In particolare, ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) gestirà il sistema di monitoraggio sull’attuazione del Pnrr e verrà istituito un apposito organismo indipendente di audit che sarà responsabile del sistema di controllo interno, per prevenire, identificare, segnalare e correggere casi di frode, corruzione e conflitto di interesse. Al momento, quindi, non c’è traccia di partecipazione civica.
Eppure per realizzare la transizione energetica, le nuove infrastrutture della mobilità, così come per sviluppare opere che servono alla tutela del territorio come anche per ripensare il ciclo dei rifiuti e sviluppare l’economia circolare, coinvolgere la cittadinanza è fondamentale, non solo per rispettare il suo diritto democratico di prendere parte alla decisione sulle opere pubbliche, ma anche per non rischiare frizioni e conflitti con le comunità locali, come sta succedendo da anni nel caso del Tav. Riforme e investimenti così importanti non possono funzionare senza un consenso reale e diffuso.
La mancanza di un coinvolgimento delle associazioni civiche, la scarsa trasparenza e l’assenza di un monitoraggio civico, non a caso, sono le principali critiche mosse al governo dalle organizzazioni promotrici dell’Osservatorio civico sul Pnrr, messo in piedi da ActionAid, Cittadinanzattiva, Legambiente, Slow Food, e da molte altre realtà che hanno aderito successivamente e che stanno chiedendo da settimane un “deciso cambio di rotta sul Pnrr”. Come viene sottolineato a ragione dall’Osservatorio civico in un documento dei primi di maggio: “La volontà dei cittadini non è emersa nemmeno attraverso le ordinarie modalità della democrazia rappresentativa, dal momento che anche il Parlamento ha ricevuto il documento appena 24 ore prima della presentazione alle Camere, e si è dovuto limitare all’approvazione delle due risoluzioni di maggioranza senza poter confrontarsi minimamente sui contenuti”.
Ma l’Osservatorio civico non è una voce nel deserto. Sono molte le realtà della società civile italiana che stanno denunciando lo stesso problema, anche sottolineando, in positivo, come il Pnrr potrebbe essere decisivo per aiutare intere generazioni di giovani ad uscire da una condizione di isolamento, disagio e precarietà, soprattutto femminile. “Chiediamo che non si perda l’opportunità storica, da parte delle nostre Istituzioni, di dimostrarsi inclusive e pienamente trasparenti nel decidere del nostro futuro. Vogliamo esserci e non possiamo tacere. Vogliamo contare e far contare le voci di tutti quelli a cui diamo ascolto, le nostre proposte e il nostro diritto di sapere, monitorare e prendere parte. Senza la partecipazione della società civile e la possibilità di vigilare l’andamento e l’attuazione del Piano non può decidersi il futuro dell’Italia”, si legge, per esempio, in un documento della campagna “Ripartenza a porte aperte” sostenuta da associazioni come Libera, Cittadini Reattivi e Transparency International Italia. Anche in questo caso l’obiettivo principale è quello di far coinvolgere la cittadinanza nella fase di definizione dei contenuti del Piano e nel successivo monitoraggio delle spese e dei risultati raggiunti.
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di Emanuele Profumi
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