Il futuro è nei dati. Questo ormai non stupisce più: il mercato si è spostato sulla rete, siamo bersagliati quotidianamente da migliaia di informazioni, ci muoviamo tra smartphone, assistenti vocali e dispositivi IoT che gestiscono quantità gigantesche di dati per guidare le nostre azioni. Questa crescita tecnologica esponenziale ha trasformato i dati in una risorsa preziosa, quello che il matematico inglese Clive Humby, nell’ormai lontano 2006, definì “il nuovo petrolio”.
Ciò che ancora non avevamo preso in considerazione però, è che i dati potessero svolgere un ruolo chiave nell’accrescere le nostre conoscenze e nel guidare tecnologie utili ai cittadini per muoversi verso un futuro sostenibile.
L’economia circolare ci può aiutare ad affrontare le sfide globali, dal cambiamento climatico alla perdita di biodiversità, dalla carenza di risorse alla gestione dei rifiuti e sono proprio le nostre azioni a guidare questo cambiamento. Ma, per far sì che questo possa funzionare, abbiamo bisogno di riuscire a conoscerne e interpretarne i risultati. L’utilizzo dei dati e di metriche chiare e comparabili è indispensabile per valutare il successo delle nostre azioni e pianificare quelle future.
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I dati, quindi, possono aiutarci a realizzare algoritmi in grado di prevedere determinate tendenze e aiutare cittadini, amministrazioni e imprese ad attuare le misure necessarie per aumentare la circolarità. Le fasi di raccolta, elaborazione e analisi delle informazioni ottenute attraverso gli open data risulta strategica per guidare un migliore processo decisionale sull’uso efficiente delle risorse.
Nel suo paper dal titolo “Open Data and the Circular Economy”, il Portale europeo dei dati sottolinea come, ad oggi, sono soprattutto tre le aree in cui gli open data hanno un impatto importante sull’economia circolare: nella creazione di un sistema alimentare più sostenibile, in una gestione efficiente delle risorse e ottimizzazione dei rifiuti e nella riduzione dell’inquinamento.
È il caso, ad esempio, di Smartchain che, raccogliendo i dati su catene di approvvigionamento, produzione e distribuzione, lo stato dei prodotti, dei mercati e il quadro normativo, ha costruito una piattaforma innovativa per sostenere le filiere alimentari corte e collaborative in Europa. O di app come EcoCity che, mediante la geolocalizzazione, le informazioni su centri di raccolta e servizi porta a porta e le foto inviate dagli utenti, monitora la gestione dei rifiuti nelle città e fissa una serie di obiettivi per ridurre la produzione di rifiuti e aumentare il riciclo.
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In questi mesi di pandemia, tutti abbiamo potuto toccare con mano il valore e l’impatto dei dati sulle nostre vite. La necessità di rispondere all’emergenza sanitaria ed economica ha portato molti paesi a iniziare a pubblicare i dati su aspetti quali contagi, tassi di vaccinazione, produzione di vaccini, presenze ospedaliere, disponibilità di dispositivi di protezione e quant’altro. E a sviluppare sistemi, infografiche e modelli comunicativi per renderli comprensibili a tutti.
Secondo lo studio di Capgemini dal titolo “Open Data Maturity Report 2021”, elaborato su richiesta della Commissione europea e dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, nel 2021 i 27 Stati membri dell’Unione europea hanno fatto registrare miglioramenti in tutte le dimensioni di valutazione degli open data (politica, impatto, portale e qualità), con un tasso complessivo di maturità dell’81%, tre punti percentuali in più rispetto al 2020.
Continua a crescere l’uso dei dati, come cresce la capacità dei paesi europei di promuovere la loro pubblicazione e riutilizzo, attraverso politiche adeguate e l’adozione di portali avanzati per la consultazione. Secondo Domenico Leone, public sector director di Capgemini in Italia, “creare un impatto sociale, economico o ambientale con l’aiuto degli open data può essere considerato l’obiettivo finale degli sforzi europei”.
Non a caso, la Commissione europea sta portando avanti una serie di azioni sui dati, che comprendono la creazione di spazi comuni, la realizzazione di sistemi armonizzati per l’industria per il monitoraggio e la gestione delle informazioni sulle sostanze pericolose, la diffusione di dati armonizzati sulle concentrazioni di microplastiche nell’acqua di mare.
Inoltre, la Strategia europea in materia di dati mira a rendere i data center dell’Ue neutri dal punto di vista climatico entro il 2030 e il piano di finanziamenti Orizzonte Europa sostiene lo sviluppo di indicatori e dati, materiali e prodotti innovativi che aiutino a guidare l’economia circolare.
Valutare l’andamento dell’economia circolare degli Stati membri poi, è un’esigenza primaria della Commissione Europea, per capire se le iniziative messe in campo stanno funzionando, monitorare i progressi e le criticità e identificare degli obiettivi comuni di lungo termine. A tal scopo l’Eurostat, ufficio statistico dell’Unione Europea, dedica una sezione del suo sito al monitoraggio dei livelli di economia circolare dei Paesi membri.
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di Antonio Carnevale
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