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La Rubrica del Presidente – Andrea Fluttero: “Sulla preparazione per il riutilizzo dei RAEE, l’Italia è indietro rispetto all’Europa. Stiamo perdendo un’opportunità!”

Se si arrivasse a gestire la preparazione per il riutilizzo del 5% in peso dei RAEE conferiti dai consumatori presso i centri di raccolta si potrebbero ottenere quasi 30.000 tonnellate di prodotti ricondizionati e creare centinaia di posti di lavoro specializzati

I tempi che stiamo vivendo hanno messo in evidenza l’importanza strategica della disponibilità di materie prime, dalle più usuali fino a quelle cosiddette “critiche”.

I sistemi consortili di Responsabilità Estesa del Produttore di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche sono impegnati da tempo per ottenere una corretta e completa gestione, orientata al riciclo anziché allo smaltimento dei RAEE, sia per rispettare i target di legge e sia perché rappresenta una opportunità di creare occupazione e un bacino potenziale di materie prime di grande interesse nella logica della transizione dell’economia da lineare a circolare.

Nonostante gli sforzi di Erion WEEE e degli altri consorzi, coordinati dal Centro di Coordinamento RAEE, a fronte dell’immissione nel mercato di quasi un milione di tonnellate/anno di Apparecchiature Elettriche Elettroniche (in continua crescita) si raccolgono in modo differenziato circa 380.000 tonnellate/anno di RAEE, ovvero il 40% del POM – Put On the Market (6,3 Kg/abitante) rispetto ad un obiettivo europeo del 65% (10,3 Kg/abitante): è molto elevato invece il livello di riciclo, pari all’89%. Considerando che nei prossimi anni dovremo aumentare la raccolta differenziata dei RAEE di almeno 200.000 tonnellate/anno risulta evidente l’esigenza di lavorare al potenziamento e alla rimodulazione dell’infrastruttura impiantistica dedicata alla raccolta.

In questo contesto di disegno e di implementazione di nuovi modelli di raccolta ritengo possa essere opportuno affrontare, anche in Italia, il tema della “preparazione per il riutilizzo dei RAEE”, ovvero del “re-manufacturing”, che – come sappiamo – nella gerarchia europea per la gestione dei rifiuti è posizionato prima del riciclo stesso.

Le attività di re-manufacturing legate al settore dell’elettronica a livello europeo sviluppano circa 5 miliardi di euro di fatturato annuo, con 40.000 addetti e 3.000 imprese, presenti soprattutto in Francia e nel Nord Europa, mentre nel nostro Paese purtroppo il giro d’affari della preparazione per il riutilizzo è fermo a meno di 200 milioni di euro, quasi tutto relativo ad apparecchiature professionali (stampanti e informatica).

Se si arrivasse a gestire la preparazione per il riutilizzo del 5% in peso dei RAEE conferiti dai consumatori presso i centri di raccolta, secondo alcuni studi si potrebbero ottenere quasi 30.000 tonnellate di prodotti ricondizionati, in particolare grandi elettrodomestici e TV, arrivando a gestire la preparazione per il riutilizzo di almeno 900.000 apparecchi elettronici, creando centinaia di posti di lavoro specializzati e generando un beneficio ambientale valutabile in 50.000 tonnellate di CO2 equivalente evitate grazie all’allungamento del ciclo di vita degli apparecchi rigenerati.

Tra le cause che frenano lo sviluppo del re-manufacturing in Italia vi sono l’assenza di un Decreto Ministeriale sulla preparazione per il riutilizzo, che stabilisca regole chiare ed omogenee a livello nazionale sui criteri e prerequisiti con cui rigenerare i rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche e la mancanza della disponibilità di adeguati volumi di rifiuti di buona qualità da lavorare.

Per raggiungere questi obiettivi, oltre all’emanazione dell’atteso decreto ministeriale sarà necessario lavorare in sinergia con tutti gli anelli della filiera, dai produttori ai distributori, dai consumatori ai Comuni, alle aziende di raccolta alle multiutility. In aggiunta ai risultati direttamente generati dallo sviluppo delle attività di re-manufacturing ritengo se ne potrebbero ottenere alcuni “paralleli” di notevole interesse per il sistema nel suo complesso.

La “spinta” mediatica delle attività di re-manufacturing darebbe in primo luogo un contributo all’aumento dei quantitativi di RAEE raccolti, indispensabile per raggiungere il target europeo del 65% della media dell’immesso sul mercato dell’ultimo triennio. L’esigenza di preservare la qualità dei RAEE conferiti ai centri di raccolta comunali e presso i luoghi di raggruppamento della Distribuzione specializzata, allo scopo di non ridurre la possibilità della preparazione per il riutilizzo, creerebbe le condizioni per ridurre drasticamente i fenomeni di “cannibalizzazione” anche sul 95% dei RAEE destinati al riciclo, con notevoli benefici ambientali e di disponibilità di maggiori quantità di materie prime seconde.

 

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