La decarbonizzazione del settore automotive dipende in buona parte dalle batterie. Se i veicoli elettrici hanno l’indubitabile vantaggio di non emettere direttamente CO2, c’è infatti sia il problema dell’origine – ad oggi prevalentemente fossile – dell’energia che utilizzano, sia la questione del ricorso a materie prime come cobalto, litio e nichel per la costruzione delle batterie agli ioni di litio. L’estrazione mineraria di alcuni di questi elementi implica oggi costi umani e ambientali significativi: un rapporto di Amnesty International ha denunciato l’uso prevalente del lavoro minorile per estrazione del cobalto. Materiali come litio, nichel, manganese e grafite sono collegati all’inquinamento, alla contaminazione e all’uso eccessivo di risorse idriche, con danni all’ecosistema e alla salute delle persone.
Per ridurre il particolato atmosferico nelle città e raggiungere gli obbiettivi climatici, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea) prevede che lo stock globale di veicoli elettrici dovrà crescere del 36% all’anno, raggiungendo i 245 milioni di veicoli nel 2030. E mentre quasi tutte – il 99% – delle batterie al piombo vengono riciclate, poche di quelle agli ioni di litio lo sono. Secondo alcune stime, il tasso potrebbe essere inferiore al 5%. Ciò è in parte dovuto al fatto che le batterie agli ioni di litio non sono progettate in modo da recuperare tutti i materiali di cui sono fatte, in particolare quelli critici. Una volta in discarica, i metalli delle batterie possono contaminare sia l’acqua che il suolo. Se da una parte ci sono difficoltà di ricondizionamento e riciclo per problematiche pratiche, nellìUnione europea si aggiungono ostacoli legislativi che mettono i bastoni tra le ruote agli innovatori.
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In un mercato in cui innovazione e sviluppo tecnologico corrono veloci, tenere le politiche aggiornate in modo che garantiscano libertà di sperimentare soluzione nuove non è sempre facile . La direttiva Ue sulle batterie per auto elettriche del 2006 non riporta una definizione legale e univoca di alcuni termini come “rifiuto”, “riutilizzo” e “end of waste”: queste pratiche sono descritte spesso in modo ambiguo e hanno portano all’errata classificazione di molte risorse.
Francia e Paesi Bassi sono all’avanguardia per quanto riguarda la mobilità elettrica e, proprio dalla sinergia tra pubblico e privato di questi due Paesi, nel 2015 è nato un consorzio di 8 partner (tra cui Renault) – From E-Mobility to recycling: the virtuous loop of the electric vehicle, scelto dalla Commissione Europea per portare avanti il meccanismo degli Innovation Deal, parte del Piano Ue per l’economia circolare.
Gli Innovation Deald sono uno schema pilota per aiutare gli innovatori con soluzioni promettenti a superare potenziali barriere normative e portare le loro idee sul mercato. Sono accordi di cooperazione volontaria tra istituzioni europee, innovatori e autorità pubbliche in cui i partner collaborano per approfondire come funziona una direttiva Ue o se il suo regolamento funziona, e se rappresenta un ostacolo l’innovazione.
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di Simone Fant
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