Anche in un modello economico, come quello dell’economia circolare, che ambisce a staccarsi dal consumo delle risorse e tendere all’autosufficienza, la “molla imprenditoriale” scatta quando le opportunità del potenziale di mercato sono favorevoli. Le professionalità coinvolte sono chiamate a portare su scala industriale concetti d’avanguardia ispirati all’innovazione e alla sostenibilità. È il capitale umano, quindi, l’asset più importante in cui investire per avere la capacità di agire sulle leve critiche e acquisire un posizionamento strategico nella conversione energetica e digitale.
Che si parli di energia, città circolari, trasporti o prodotti sostenibili, nel cambiamento dei processi di lavoro, la comparsa di figure come il circular economy e sustainability analyst, il manager ambientale, il supply chain manager della sostenibilità, sono solo una parte in sintesi dei fabbisogni di qualifica richiesti per operare nella dimensione multidisciplinare dell’economia circolare. Un tema dove stiamo imparando che l’ampiezza dei campi di attività da un lato e la specificità dei diversi settori di interesse dall’altro spinge a ricercare soluzioni pratiche e strutturate in termini industriali e di mercato evidenziando lo skill-gap nel mondo del lavoro.
Che profilo dare a chi deve immergersi in questa dinamica? A chi deve scegliere gli obiettivi, gestire strategie e fattori critici dei sistemi di gestione? Remanufacturing, flexible ed eco-design, gestione dei colli di bottiglia tecnologici, identificazione digitale della componentistica per un mercato strategico di materie prime seconde, anche questi sono solo alcuni esempi di domande pratiche di professionalità a cui rispondere nei fatti per ripartire e ricominciare a competere. In questo senso è importante tanto il ricambio delle competenze quanto l’arricchimento di quelle già presenti nei sistemi di gestione. Perciò un elemento chiave nello strutturare i percorsi formativi diventa proprio la capacità di integrazione dei i diversi ambiti e tra le varie discipline poste sul tavolo.
Costruire qualifiche solide per avere nuove generazioni di professionisti all’altezza della sfida della complessità richiede un passaggio non scontato che è quello del confronto con la realtà e le sue dinamiche.
I nuovi entranti nel fare impresa con l’economia circolare necessitano di strumenti per lo scale-up, e questo fa sì che le conoscenze apprese dai singoli casi di eccellenza di imprese e settori che hanno sperimentato con successo e condiviso principi e meccanismi di circolarità debbano convergere verso un sistema di diffusione dei requisiti di approccio in interi sistemi industriali.
Un trasferimento di conoscenza a respiro internazionale dove non solo la qualità della formazione raccoglie a rete le necessità e le opportunità del cambiamento su scala planetaria ma accresce anche la presenza strategica in uscita, all’estero, intercettando da qui le necessità di formazione internazionali e formare, come sistema Paese, competenze spendibili ovunque.
Una formazione per l’industrializzazione del pensiero creativo impegnato ad aprire i mercati secondo il sano concetto di remunerazione del ciclo dell’investimento che guarda ai trade-off di mercato per prodotti e servizi sostenibili, “intelligenti e improntati all’auto-sostenibilità delle risorse”. Apprendere la capacità di implementare nuovi processi che integrano la tecnologia con l’industria e l’ambiente sin dal primo passo nella progettazione spaziando dalla valorizzazione di mercato dell’ambito tecnologico delle materie prime critiche alla realizzazione di nuovi beni e servizi carbon-negative.
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