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Motivi e soluzioni dei ritardi legati al PNRR, secondo la Corte dei conti europea

A metà percorso i 724 miliardi di euro stanziati dall’Unione Europea per aiutare la ripresa del Vecchio Continente dopo il Covid registrano vari intoppi. Una dettagliata analisi della Corte dei conti Ue aiuta a capirne di più. “A metà percorso gli Stati membri hanno raggiungo meno del 30% dei traguardi”

Sembra ieri ma sono passati tre anni dall’istituzione dei fondi PNRR, cioè i dispositivi nazionali per la ripresa e la resilienza che sono stati istituiti dall’Unione europea all’indomani della drammatica ondata di Covid-19. Per i 27 Stati membri sono stati stanziati 724 miliardi di euro, con l’Italia che, più colpita dal coronavirus, ha fatto la parte del leone coi suoi 191,5 miliardi. Siamo dunque a metà percorso, dato che le scadenze per la realizzazione dei progetti designati è il 31 agosto 2026. A che punto siamo? Ce lo dice una dettagliata analisi della Corte dei conti europea, attraverso la relazione speciale n°13/2024 che ha un lungo titolo che fa già da spoiler: Assorbimento dei fondi del dispositivo per la ripresa e la resilienza – Progressi a rilento: rimangono a rischio il completamento delle misure e, quindi, il conseguimento degli obiettivi del dispositivo stesso.

“Un assorbimento tempestivo dell’RRF è indispensabile: aiuta a evitare strozzature nell’esecuzione delle misure verso la fine del ciclo di vita del dispositivo e riduce il rischio di spese inefficienti e irregolari”, ha dichiarato Ivana Maletić, responsabile dell’audit per la Corte dei conti UE. “Lanciamo un segnale d’allarme, perché a metà percorso i paesi UE avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti ed erano avanzati per meno del 30 % verso i traguardi e gli obiettivi prefissati”.

C’è però un rovescio della medaglia positivo: grazie a un prefinanziamento massimo del 13% dell’importo erogabile agli Stati membri, è stato possibile versare rapidamente più fondi all’inizio, in linea con le finalità della risposta alla crisi. La Corte critica però il ritmo con cui da allora si è fatto ricorso al grosso dei fondi. A fine 2023 erano stati trasferiti solo 213 miliardi di euro dalla Commissione alle casseforti nazionali. Non è detto poi che questi soldi siano arrivati ai destinatari finali, fra cui imprese private, società pubbliche di servizi energetici e scuole. Di fatto, quasi la metà dei fondi RRF erogati ai 15 Stati membri che hanno fornito le necessarie informazioni al riguardo non aveva ancora raggiunto i destinatari finali.

di EconomiaCircolare.com

 

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