Diciamolo subito: a confronto col Pnrr, che si è limitato alla gestione dei rifiuti e relativi impianti, la Proposta per il Piano di transizione ecologica approvata dal Cite (Comitato interministeriale per la Transizione ecologica) lo scorso 28 luglio alza lo sguardo dai cassonetti per guardate anche a tutto quello che viene prima. Trovano infatti spazio temi chiave dell’economia circolare come la riduzione dei rifiuti, l’ecodesign, l’allungamento della vita dei prodotti, il product as a service (o servitizzazione, con un brutto calco dall’inglese), la condivisione. Grande assente il riuso, immaginato per gli imballaggi ma non incentivato anche per altri beni.
Probabilmente ha pesato il fatto che il Pnnr guarda al breve temine e a quelle che il governo ha ritenuto emergenze da affrontare. Forse ha pesato il diverso vincolo connesso al Pnrr (un vincolo finanziario che coinvolge l’Europa) e alla Proposta di Piano (un accordo tra ministri). Redatta dal Mite “ma frutto approccio collegiale tra i vari dicasteri”, la proposta passa ora al vaglio della Conferenza unificata e delle commissioni parlamentari competenti, che dovranno esprimere (entro 20 giorni la prima, entro 30 le seconde) il loro parere. Dopo di che la Proposta sarà aggiornata in base a queste indicazioni e approvata dallo stesso Cite entro 30 giorni dal ricevimento dei pareri.
La proposta di Piano, leggiamo in un documento preparatorio della riunione, “rappresenta un testo chiave per la condivisione a livello politico degli obiettivi di ammodernamento del Paese”. Obiettivi che vanno dalla neutralità climatica alla messa in sicurezza del territorio, dal ripristino della biodiversità alla tutela del mare, fino – e questo interessa in particolare EconomiaCircolare.com – alla transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia e al rispetto delle direttive europee sui rifiuti.
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Facendo la dovuta premessa che i documenti, anche quando approvati da ministri, sono cosa ben diversa dai fatti, la sezione della proposta di Piano relativa all’economia circolare si apre con un’affermazione che, per quanto banale per gli addetti ai lavori e gli appassionati, suona quasi inattesa se viene da chi ha approvato il Pnrr: “L’economia circolare è una sfida epocale che punta all’ecoprogettazione di prodotti durevoli e riparabili per prevenire i rifiuti”.
Ecoprogettazione e riparabilità insomma entrano tra gli obiettivi del governo, anche se, come vedremo, nel documento manca quasi del tutto l’indicazione di target specifici da raggiungere al 2030, che è l’ambito temporale per la messa a terra del Piano. Entro il 2022 – leggiamo ancora, in linea con quando affermato nel Pnrr – verrà pubblicata la “nuova Strategia nazionale per l’economia circolare, incentrata su ecoprogettazione ed ecoefficienza”. Giova infatti ricordare che una vera Strategia nazionale finora è stata annunciata ma mai approvata: abbiamo solo il documento di inquadramento e posizionamento strategico “Verso un modello di economia circolare per l’Italia”. Dopo una rapida descrizione delle politiche europee in questo campo, la Proposta fornisce qualche dettaglio sulla futura strategia.
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Leggiamo nel documento approvato dai ministri: “L’Italia parte da una posizione di relativo vantaggio in termini di circolarità delle risorse […]. Molto, tuttavia, resta da fare per compiere una vera e propria transizione alla circolarità lungo la strada indicata dall’Unione europea, sia in termini di eco-progettazione, durabilità, riparabilità e condivisione dei prodotti, sia per quanto riguarda la riduzione dei rifiuti”.
Questi gli obiettivi della Strategia nazionale per l’economia circolare, da raggiungere entro il 2030, con alcune indicazioni su come raggiungerli:
Macro-obiettivo della Proposta è “promuovere una economia circolare avanzata e di conseguenza a una prevenzione spinta di scarti e rifiuti (-50%) entro il 2040”. Nel documento non ci sono però chiarimenti su come verrà misurato questo 50%.
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di Daniele Di Stefano
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