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Il Recovery Plan è un’occasione per trasformare in meglio il Paese. Non la sprechiamo

Il parere di Rossella Muroni, vicepresidente dalla Commissione ambiente dalla Camera, sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. “È stato privilegiato un approccio tecnico-ragionieristico invece di costruire una visione complessiva. Ora spazio agli interventi migliorativi delle Camere e delle parti sociali”

Il Recovery Plan condizionerà gli investimenti dei prossimi decenni e i fondi li prendiamo in prestito dai nostri figli e nipoti. Anche per questo, oltre che per la crisi climatica in atto, va utilizzato al meglio su progetti capaci di trasformare e decarbonizzare l’economia, rendendo davvero il nostro sviluppo sostenibile, inclusivo e resiliente.

 

Ridotti i fondi per la transizione ecologica

La proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) varata dal Consiglio dei ministri mantiene come primo capitolo quello della rivoluzione verde e transizione ecologica, anche se il finanziamento rispetto alle prime bozze è stato ridotto di circa 5 miliardi e portato agli attuali 68,9, di cui 6,3 per l’impresa verde l’agricoltura sostenibile e l’economia circolare, 18,22 per la transizione energetica e la mobilità locale sostenibile, oltre 15 per la tutela e la valorizzazione del territorio e della risorsa idrica e oltre 29 per l’efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici. Una cifra importante, quest’ultima, che però non basta a prorogare anche per il 2023 il Superbonus al 110%. Alla missione digitalizzazione innovazione competitività e cultura vanno 46,1 miliardi, per infrastrutture e mobilità sostenibile 31,98, tra cui 5 miliardi in più per l’Alta Velocita in particolare nel Mezzogiorno. Aumentano le dotazioni delle missioni istruzione e ricerca (28,49 miliardi), inclusione sociale e coesione (27,62), sanità (19,7).

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Quel deficit di visione, coerenza, partecipazione

Le risorse ci sarebbero, il Piano parla di circa 222 miliardi e cresce la quota destinata agli investimenti, che raggiunge il 70%, ma è debole dal punto di vista della visione, della coerenza interna e della partecipazione. Finora lo hanno potuto studiare ministri e tecnici che ci hanno lavorato, sono state coinvolte solo parzialmente le forze di maggioranza e per nulla le parti sociali. Spero che ora, con il passaggio parlamentare, ci sia il tempo e lo spazio per recuperare almeno sul fronte della partecipazione e per scrivere un Piano che raccolga le proposte migliorative delle Camera, delle imprese, di associazioni e sindacati.

 

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