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Materie prime critiche, le strade da seguire per non restare indietro

La proposta della Commissione europee sulle materie prime critiche delinea le strategie per ridurre la dipendenza dalle importazioni estere. E punta sulle estrazioni. Mentre in Italia il report di Cassa Depositi e Prestiti punta sull’economia circolare “come strategia di mitigazione dei rischi di approvvigionamento”

È attesa per oggi la proposta della Commissione dell’European Critical Raw Materials Act, uno degli ultimi passaggi affinché l’Europa si doti di un regolamento sulle materie prime critiche. I metalli e i minerali necessari per la transizione ecologica, nell’ultimo aggiornamento europeo risalenti al 2020, sono 30 e con alcuni di essi i lettori e le lettrici di EconomiaCircolare.com hanno imparato a fare i conti sin dalla nascita della nostra testata: dal litio alle terre rare, dal cobalto al nichel fino al rame. Coi ben noti problemi di approviggionamento e di dipendenza dalle importazioni estere.

evoluzione materie prime critiche

Come riporta un articolo di Scienza in Rete, che a sua volta cita un recente report dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, “nel 2022 il numero di perforazioni esplorative, per la ricerca di nuove miniere da cui estrarre i minerali critici, è quadruplicato rispetto all’anno precedente, anche se la rapidità con cui i risultati porteranno a un aumento della capacità estrattiva è molto incerta. L’apertura di una nuova miniera, infatti, in media richiede diciassette anni, tra l’installazione di infrastrutture, le procedure amministrative e la negoziazione con le comunità locali”.

A una ripresa delle estrazioni dunque dovranno necessariamente affiancarsi altre azioni: dall’uso efficiente dai materiali alla sostituzione dei materiali più critici, così come il riciclaggio e la produzione di materie prime seconde. Sono tutte azioni sulle quali il regolamento europeo sulle materie prime critiche dovrà pronunciarsi anche se, secondo alcune indiscrezioni riportate dall’agenzia giornalistica Reuters, le indicazioni della Commissione europea andranno verso un’accelerazione delle estrazioni, sia attraverso una spinta agli Stati membri affinché velocizzino gli iter per l’autorizzazione di nuove miniere sia attraverso la costituzione di un’agenzia europea che preveda gli acquisti centralizzati delle materie prime critiche più urgenti.

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Lo studio sulle materie prime critiche di Cassa Depositi e Prestiti

In attesa di capirne di più, è utile recuperare un recente e dettagliato report di Cassa Depositi e Prestiti, intitolato “Transizione ecologica e digitale: il punto sulle materie prime critiche”. Dove alle difficoltà, più volte dibattute, si accompagnano anche i punti di forza in alcune filiere: è il caso ad esempio dei “beni lavorati per le celle a combustibile e per la stampa 3D o per la fase di assemblaggio per l’eolico e la robotica”, in cui “l’industria europea è riuscita a ritagliarsi un ruolo importante”.

cdp 1 materie prime critiche

Se però si deve puntare a una generale autonomia, sottolinea il report di CDP, non si può non partire da “una mappatura delle risorse minerarie critiche in Europa, finalizzata a recuperare informazioni sulla disponibilità di risorse naturali”: sembrerà strano ma su questo versante, nonostante del tema si parli da più di dieci anni, non esiste ancora un censimento accurato a livello comunitario. Né tantomeno, come abbiamo visto con la nostra intervista a ISPRA, ciò avviene in Italia, dove l’ultima versione della Carta Mineraria risale al 1973. In questo senso Cassa Depositi e Prestiti guarda ai permessi di ricerca attivi:

  • “nell’arco alpino (Piemonte e Lombardia) per il ritrovamento di cobalto, metalli del gruppo platino e terre rare;
  • nella fascia vulcanico-geotermica peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania)
  • in quella della catena appenninica (da Alessandria fino a Pescara) per il ritrovamento di litio geotermico”

Non sono molti e, pare, non si tratta di giacimenti granché corposi. Ecco perché il report di CDP scrive che “visti i lunghi tempi di attivazione dell’attività mineraria (almeno 10-15 anni per la commercializzazione delle prime terre rare dal giacimento in Svezia), nel breve periodo il contributo delle risorse nazionali potenziali alla riduzione della dipendenza estera è da ritenersi modesto”.

Che fare allora? La risposta arriva dal paragrafo successivo, intitolato “l’economia circolare come strategia di mitigazione dei rischi di approvvigionamento”. In cui si legge che “l’economia circolare può fornire un contributo importante per attenuare il disallineamento tra domanda e offerta. Ad esempio, al 2040, tramite il riciclo delle batterie esauste, l’Europa potrebbe soddisfare oltre la metà della domanda di litio (52%) e di cobalto (58%) attivata dalla mobilità elettrica”.

Inoltre “per potenziare la produzione delle materie prime secondarie, occorre sfruttare le miniere urbane, ovvero valorizzare la raccolta, il recupero e il riciclo di prodotti tecnologici, quali i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e pile/accumulatori.  Tra i principali vantaggi delle miniere urbane è la loro ampia disponibilità: la quantità degli apparecchi elettrici ed elettronici dismessi è infatti in crescita (+2 milioni di tonnellate all’anno a livello globale) anche a causa di tempi di obsolescenza tecnica sempre più ridotti, specie per cellulari e computer.  Infine dai prodotti tecnologici è possibile recuperare una varietà considerevole di materie prime seconde. Basti pensare che in uno smartphone sono presenti più di 30 elementi naturali, di cui almeno la metà critici”.

cdp 2 materie prime critiche

 

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di Redazione EconomiaCircolare.com

 

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