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Per la ripresa non bastano i soldi, servono anche regole efficaci: nel Recovery plan ci sono?

Gli annosi limiti della burocrazia italiana mettono a rischio l’efficacia degli stanziamenti del Piano: i tempi troppo lunghi delle procedure non vanno d’accordo con quelli indicati dalla Commissione

I soldi non sono tutto, neanche quando si parla di Recovery plan. Abbiamo scritto dei fondi destinati all’economia circolare e alla sostenibilità, ma oltra al fattore “quanto”, c’è il fattore “come” e “quando”: insomma le norme e la burocrazia. Lo diciamo con le parole di Ermete Realacci, presidente d Fondazione Symbola: “Oggi per avere, ad esempio, le autorizzazioni per un impianto eolico, quando va bene, ci vogliono 5 anni. Ma l’Europa ci dice che entro due anni dal finanziamento devi cominciare a realizzare le cose, ed entro 6 devi averle concluse”. Altro esempio tipico sono i tempi lunghissimi per l’emanazione dei decreti end of waste (EoW) che condizionano la crescita delle imprese dell’economia circolare. Oppure i decreti attuativi sulla preparazione al riutilizzo attesi da più di dieci anni.

 

Le semplificazioni per la Pubblica amministrazione

Riforme e semplificazioni nel Piano nazionale di ripresa  e resilienza ci sono, ma sono sufficienti? Vediamo intanto cosa è previsto. E anticipiamo subito che su questo tema il Piano, come e forse più che per il resto delle questioni, è abbastanza vago, indica il campo su cui agire ma non dettaglia le misure con le quali farlo. Un limite legato probabilmente al taglio programmatico di un documento per uso interno, che però richiama alla memora tante delusioni legate al noto affetto annuncio cui poi non seguono i fatti promessi.

La missione 1 del Piano, “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, ha tra i propri obiettivi proprio “favorire una svolta radicale nella Pubblica amministrazione (PA) promuovendo l’innovazione, le capacità, le competenze, il merito”. Anche attraverso una “semplificazione sistematica dei procedimenti amministrativi, riducendone tempi e costi”. Con impatti che investirebbero, ovviamente, anche l’economia circolare. La crescita digitale e la modernizzazione della PA “si sostanzia – leggiamo nella bozza consegnata ai ministri – da un lato nella digitalizzazione della Pubblica amministrazione e nel rafforzamento delle competenze digitali del personale della PA, dall’altro nel rafforzamento e nella riqualificazione del capitale umano nella PA e in una drastica semplificazione burocratica”. Il Piano prevede, per velocizzazione i procedimenti complessi “legati ad infrastrutture, opere pubbliche, impianti produttivi, valutazioni ambientali, transizione energetica, edilizie urbanistiche e paesaggistiche”, di mettere in campo “pool di esperti multidisciplinari”. Tra gli strumenti sul tavolo, e in questo caso ci sono alcune indicazioni in più, “la semplificazione, reingegnerizzazione e integrale digitalizzazione delle procedure per edilizia ed attività produttive attraverso la digitalizzazione del front office e del back office e l’interoperabilità dei flussi documentali tra amministrazioni”.

 

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