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Recovery plan italiano, c’è speranza per l’economia circolare?

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è il programma di spesa che, entro fine febbraio, l’Italia deve presentare all’Europa, per mostrare come intende utilizzare i 209 miliardi di euro del Next Generation Ue, stanziati per favorire la ripresa post-Covid. Di questi, circa un terzo delle risorse dovrà essere destinata al macrosettore “Rivoluzione verde e transizione energetica”.

Eppure, nonostante si tratti di una questione centrale per il presente e soprattutto per il futuro del nostro Paese, il dibattito è lacunoso.

EconomiaCircolare.com ci propone un interessante focus della questione e nella sua rubrica #InCircolo, lascia spazio al dialogo ospitando gli interventi degli addetti ai lavori.

 

Ne discutono:

“Supportare le piccole e medie imprese, coinvolgendo i territori”: le proposte di Enea sul Pnrr

L’ente pubblico di ricerca avanza osservazioni e suggerimenti sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Nell’intervento di Roberto Morabito viene chiesto di “incrementare sensibilmente le risorse allocate alla linea di intervento sull’economia circolare”, oltre alla costituzione di un hub tecnologico

ENEA, come tanti altri soggetti coinvolti, ha fornito una serie di contributi, sotto forma di spunti e idee progettuali, lungo il percorso di costruzione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nei settori della transizione energetica e dell’economia circolare.

Prima di entrare nel merito dei contributi forniti sulla transizione circolare, è opportuno sottolineare che, per essere un Piano centrato sulla transizione ecologica, ci sembra che siano stati troppo poco significativi gli interventi destinati al capitale naturale. È quella forma di capitale spesso trascurata, forse perché invisibile, ma essenziale perché garantisce che tutto il resto dell’apparato sociale e produttivo funzioni correttamente.

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Cogliati Dezza: Pnrr perde occasione di intrecciare transizione ecologica, cultura, sicurezza, giustizia sociale

Oltre ad aver dimenticato alcuni temi – come consumo di suolo, biodiversità, impatto degli allevamenti intesivi – il Piano non coglie e non valorizza l’intreccio tra la sostenibilità ambientale e l’innovazione sociale.

La convocazione da parte del premier incaricato Mario Draghi delle associazioni ambientaliste tra le parti sociali consultate per la formazione del nuovo Governo è un segno evidente delle novità e delle sfide con cui l’Europa ed il nostro Paese, in tutte le sue stratificazioni e rappresentanze, si devono misurare. Ed è una sfida anche per il movimento ambientalista. La proposta del Ministero della transizione ecologica, ne è la conferma. Una novità inimmaginabile se non ci fosse in campo il Next Generation EU. Da qui conviene partire per capire gli ostacoli che si frappongono, oggi, alla transizione ecologica.

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“Più coraggio per addio alle fossili e su economia circolare”. Il Pnrr secondo Eleonora Evi

Puntare su rinnovabili ed economia circolare, su prevenzione e riduzione dei rifiuti. Attenti all’idrogeno blu. I desiderata dell’eurodeputata verde.

Il Pnrr è un’occasione unica per riavviare l’economia dopo la terribile pandemia che ha colpito tutto il mondo, ma è necessario che il rilancio vada nella giusta direzione, abbandonando la logica dell’economia lineare basata sullo sfruttamento delle risorse per transitare verso un’economia circolare basata sul recupero e il riuso delle stesse, visto che al momento stiamo utilizzando la quantità di risorse per l’equivalente di tre pianeti.

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“Un approccio costruttivo anche in queste ore complicate”: Chiara Braga (Pd) ci parla del Pnrr

Chiara Braga (Pd) sul Piano nazionale di ripresa e resilienza: “Miglioreremo il Pnrr all’esame del Parlamento confrontandoci con i sindacati, le associazioni delle categorie economiche, la cooperazione, i rappresentanti del sociale e il Terzo Settore, le associazioni delle donne, i giovani, le associazioni ambientaliste e i livelli territoriali di governo”

Si tratta di un piano con più investimenti e meno incentivi, centralità della sfida della transizione ecologica e digitale e verso un’economia sempre più circolare, più risorse per la sanità e le infrastrutture sociali, lotta alle disuguaglianze di genere, misure per le nuove generazioni e per ridurre le disparità territoriali.
C’è ancora molto da fare ma restiamo convinti che un approccio costruttivo al piano siano la via migliore per centrare l’obiettivo.

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Piano nazionale di ripresa e resilienza: la grande delusione

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza mancano riforme efficaci su pubblica amministrazione e giustizia: così rischiamo di perdere il grosso dei fondi. E poi il Piano è ancora inchiodato ad un modello di economia lineare. Anche i progetti incoerenti elencati nel piano sono in gran parte lontani dall’essere cantierabili

Il Piano europeo è basato su tre “assi strategici” – digitaleverdecoesione sociale – e sei “missioni”, ed è accompagnato dalla raccomandazione che i piani nazionali siano completi di progetti cantierabili che inizino nel 2022 e si concludano entro il 2026 con una progressione di stati di avanzamento lavori che consentano l’erogazione delle coerenti tranche di finanziamento. Leggendo il Piano italiano di ripresa e resilienza (Pnrr) risulta molto difficile che questi obiettivi possano essere colti. L’intervento di Andrea Fluttero, Presidente di E.C.O. s.c.r.l. Erion Compliance Organization.

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A cosa serve il Pnrr, a stabilizzare la crisi o trasformare la società?

L’intervento di Marco Bersani si focalizza sul bivio di fronte al quale ci ha posto la pandemia e che, a suo dire, “non prevede soluzioni di compromesso”. E invece il PNRR appare “privo di una visione, costruito come una ordinaria legge di bilancio, dove ognuno cerca di portare a casa qualcosa per il proprio settore”

Il bivio di fronte al quale ci ha posto la pandemia non prevede soluzioni di compromesso. Una strada, già abbondantemente intrapresa dai decisori politici e dai poteri economici, è quella di chiudere il prima possibile le faglie aperte nella narrazione liberista per stabilizzare un modello, la cui cifra permanente sembra essere quella della crisi. L’altra strada è quella di raccogliere i profondi insegnamenti della pandemia e trasformare quelle faglie in fratture per aprire la strada ad un’alternativa di società.

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Fabrizio Barca: “Il Recovery plan? Tanti pezzi che ancora non costruiscono la macchina”

Il coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità descrive il Piano italiano un ‘cerchio da chiudere’ e dà suggerimenti: dalle condizionalità per i finanziamenti ai tavoli di partenariato fino alla rigenerazione della PA. “Così cesserà di essere un gelido documento burocratico per diventare visionario”

La metafora che utilizza Fabrizio Barca per descrivere il punto di vista suo e del Forum Disuguaglianze e Diversità sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cosiddetto Recovery plan italiano, è presa in prestito dal gioco delle costruzioni: “Il modo più semplice per dirla è: i pezzi ci sono tutti o quasi… non si capisce però che macchina compongano!”. Durante il colloquio con il coordinatore del Forum, EconomiaCircolare.com tenta di comprendere come si possano ricomporre i pezzi, perché il cosiddetto Recovery plan italiano è “un cerchio da chiudere”.

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“Nel Recovery potevano esserci più fondi per il green”. A colloquio con Ermete Realacci

Manca un messaggio netto sulla direzione da intraprendere e per la transizione verde potevano esseri più fondi. In più, il problema della burocrazia e dei tempi di realizzazione dei progetti è sottovalutato. Ma siamo ancora in tempo per aggiustare il tiro

“Siamo ancora in tempo per dare al Paese un messaggio netto sulla direzione che dobbiamo prendere per il futuro.  Ad oggi, però, quel messaggio non lo vedo”. A pochi giorni dall’approvazione, molto sofferta, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (il Pnrr o Recovery Plan), EconomiaCircolare.com prova a leggerlo con Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola e voce tra le più lucide dell’ambientalismo italiano.

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Il Recovery Plan è un’occasione per trasformare in meglio il Paese. Non la sprechiamo

Il parere di Rossella Muroni, Vicepresidente della Commissione ambiente della Camera, sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. “È stato privilegiato un approccio tecnico-ragionieristico invece di costruire una visione complessiva. Ora spazio agli interventi migliorativi delle Camere e delle parti sociali”

Il Recovery Plan condizionerà gli investimenti dei prossimi decenni e i fondi li prendiamo in prestito dai nostri figli e nipoti. Anche per questo, oltre che per la crisi climatica in atto, va utilizzato al meglio su progetti capaci di trasformare e decarbonizzare l’economia, rendendo davvero il nostro sviluppo sostenibile, inclusivo e resiliente.

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Economia circolare non è solo rifiuti. Servono più risorse e più coraggio

Danilo Bonato, direttore generale di Erion, afferma: “L’economia circolare è affrontata in modo (troppo) tradizionale. E, soprattutto, le risorse assegnate a una trasformazione fondamentale della società e dell’economia sono assolutamente insufficienti”

Non dobbiamo mai stancarci di ricordare che l’economia circolare non rappresenta un settore industriale e neppure un nuovo paradigma per la gestione del ciclo dei rifiuti. L’economia circolare è una trasformazione profonda e irrinunciabile dei modelli socioeconomici, basata su una visione sistemica e su un approccio rigenerativo all’uso delle risorse e dei sistemi naturali del pianeta. Quanto la bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), che dovrebbe portare in dote al nostro Paese circa 210 miliardi, sviluppa questa prospettiva?

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