Dallo scorso mese di marzo Erion Professional ha nominato come Presidente Daniela Valterio, Southern Europe Sustainability Compliance and Certification Manager di Canon per l’Italia, la Spagna e il Portogallo. Nel suo curriculum, oltre a un profilo di alta professionalità, spicca la passione per la letteratura americana, la musica indipendente e l’arte contemporanea. Di sé stessa rivela: “Amo le passeggiate, possibilmente in montagna e il bricolage”. L’abbiamo intervistata per conoscerla meglio.
Se le chiedessimo brevemente di presentarsi, cosa potrebbe dirci che non compare nella sua biografia?
Ho la fortuna di svolgere un lavoro nel quale credo davvero tanto e, anche se è impegnativo, coincide con tante delle mie passioni e dei miei interessi. Prima di entrare in Canon, più di vent’anni fa, ho avuto modo di fare diverse esperienze all’estero, sia per studio che per lavoro. Questo è stato un passaggio fondamentale della mia vita perché mi ha permesso di raffrontarmi e interagire con realtà, visioni e culture differenti, nonché di acquisire una maggiore apertura mentale e, soprattutto, di apprezzare l’importanza della diversità, un concetto che fa crescere ed è molto utile sia in termini generali sia per chi, come me, lavora all’interno di una multinazionale.
Interagisce spesso con colleghi di diverse nazionalità?
A livello locale faccio riferimento all’amministratore delegato di Canon Italia, però sia il mio responsabile che il mio ufficio centrale hanno base a Londra. Mi interfaccio quotidianamente con i colleghi provenienti da tutta l’area Emea (Europe, Middle East and Africa ndr) e io stessa coordino un team che non è solo italiano, ma comprende anche colleghi spagnoli e portoghesi.
Tante esperienze e connessioni internazionali, ma ha scelto di rimanere in Italia.
Vivo ormai da moltissimi anni a Milano, è una città che amo tantissimo e che spero riprenda presto quel ritmo vitale che mi permette di coltivare i miei numerosi interessi.
Caratterialmente, come si definisce?
Mi reputo una persona abbastanza pacata e riservata, difficilmente perdo la pazienza e riesco ad essere molto diplomatica nei momenti di crisi. Non disdegno le occasioni di convivialità e socialità che attendo di ritrovare il prima possibile.
Attraverso il suo lavoro in Canon, Lei si occupa da molti anni di tematiche ambientali che, però, non coincidono necessariamente con il settore dei RAEE. Com’è avvenuto questo avvicinamento e com’è nata la sinergia con Erion che l’ha portata nel CdA, prima come membro e poi come Presidente?
La corretta gestione dei RAEE, come quella dei rifiuti in generale, rappresenta una delle attività più importanti per la tutela dell’ambiente. Anche a livello aziendale il tema dei rifiuti elettronici richiede un impegno notevole dal punto di vista operativo e da quello della conformità normativa. Come quasi tutti i player del settore imaging digitale, anche Canon non ha siti produttivi in Italia, per cui la nostra attività primaria è quella di commercializzare i prodotti del marchio all’interno del territorio nazionale. Ciò comporta che, a livello ambientale, le attenzioni principali siano rivolte alla cosiddetta fase del post-vendita che va dall’utilizzo delle apparecchiature al loro fine vita. Avere il minor impatto ambientale possibile è una missione per noi da ben prima del cosiddetto Decreto RAEE (D.lgs. 49/2014), tanto è vero che all’inizio del Duemila insieme ad altre aziende del settore, avevamo già dato vita a un accordo di programma volontario e a un progetto pilota proprio per la gestione dei RAEE e dei beni consumabili. Con l’entrata in vigore delle nuove leggi, si è reso necessario aderire a un Sistema Collettivo strutturato e adesso, dopo molti anni abbiamo contribuito alla nascita di Erion. Per noi questo Sistema multiconsortile rappresenta l’evoluzione naturale e il proseguimento degli sforzi comuni dei Produttori per l’ambiente. Inoltre, Canon ha un business che si sviluppa nel mondo dell’immagine in tutti i suoi aspetti: dalle macchine fotografiche e le mini printer destinate ai clienti privati, fino ai sistemi di gestione di stampa a ciclo continuo diffusi in ambito professionale. È dunque logico che Canon abbia aderito fin da subito alle finalità di un Consorzio come Erion Professional, tanto da volerne essere tra i soci fondatori, entrare nel Consiglio di Amministrazione e adesso, con un certo orgoglio, esprimerne anche la presidenza.
A proposito di presidenza, Lei è la prima donna ad essere nominata a questa carica all’interno di uno dei Consorzi di Erion. Che cosa significa per Lei e che cosa potrebbe significare per il settore in generale?
Sfortunatamente questo è ancora un ambito a forte prevalenza maschile, in particolare nelle posizioni apicali. Per questa ragione la nomina mi rende particolarmente orgogliosa anche se spero, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, che tale primato duri il meno possibile. Vorrei aggiungere che mi piacerebbe davvero vedere le donne arrivare a ricoprire una qualsiasi carica senza che ciò faccia più notizia. Auspico la presenza di più donne all’interno dei Consigli di Amministrazione e questa è una responsabilità precisa delle aziende di cui il Sistema è diretta emanazione. Io stessa quando ho iniziato a lavorare per Canon ero l’unica donna a partecipare a riunioni internazionali al livello di Emea. Negli anni ho avuto modo di notare con piacere come questi numeri si siano prima bilanciati e, poi, ribaltati portando la compagine femminile a superare quella maschile, ciò mi rende piuttosto fiduciosa nel futuro. Parlando più in generale, sono fortemente convinta che la diversità all’interno di ogni settore sia un elemento basilare per crescere, innovare e trovare strade sempre più efficienti per risolvere problemi complessi. Parlo di diversità a 360 gradi, non solo di genere. L’integrazione di diversi punti di vista, approcci, visioni, culture è un plus che ci può consentire di raggiungere traguardi significativi, in particolare, ma non solo, nell’ambito della sostenibilità ambientale. Operare in questa direzione vuol dire anche prefiggersi l’obiettivo di garantire un consumo e una gestione delle risorse consapevoli, in modo che anche le generazioni future possano avere le opportunità che stiamo avendo noi in questo momento. Il lavoro che facciamo ha un significato di cura verso gli altri ed è imprescindibile che coinvolga tutte e tutti in modo indiscriminato.
Come Presidente di Erion Professional, quale pensa sia il passo più importante da fare per aumentare i tassi di raccolta di questa particolare categoria di RAEE?
In generale sicuramente passare dal cosiddetto approccio di raccolta Wait and See (aspettiamo e vediamo facendo il minimo sindacale) a un criterio più proattivo che ci consenta di applicare soluzioni reali per incrementare i tassi. Più concretamente, credo che il primo obiettivo debba essere quello di andare ad intercettare i flussi di rifiuti della cosiddetta logistica inversa, incoraggiando con incentivi gli attori della filiera a instradare correttamente tutti i RAEE che hanno in loro possesso. Un altro passo importante come Produttori dev’essere quello di prevenire sia quei fenomeni di gestione grigia delle apparecchiature a fine vita, sia quelli ancor più gravi delle esportazioni di RAEE camuffati da prodotti ancora funzionanti verso i Paesi emergenti. Questa è una prassi deleteria ancora molto diffusa che noi dobbiamo bloccare a tutti i costi.
Ha parlato di approccio proattivo che è quello che si propone di fare il programma Exceed per la gestione dei RAEE Professionali. Quali vantaggi apporterà al settore?
Si tratta, come sappiamo, di un sistema volontario per la gestione della compliance normativa, al quale tutti i Produttori dell’area printing associati a Erion Professional contribuiscono per raggiungere gli obiettivi di raccolta fissati dalla legge. Allo stesso tempo Exceed offre dei servizi a valore aggiunto a tutta la rete professionale, quindi ai dealer, ai partner, alla supply chain e ai clienti diretti. È un programma che va oltre un’azione di bontà nei riguardi dell’ambiente, perché noi Produttori, normalmente animati da una logica concorrenziale, lavoriamo uniti all’interno dello stesso Sistema collettivo per ottimizzare i processi e i costi di raccolta. Si tratta anche di avere una visione lungimirante che ha lo scopo di anticipare quelli che sicuramente saranno gli sviluppi normativi del prossimo futuro. Dal mio punto di vista, Exceed è un progetto “win-win”.
Nella sua biografia risalta l’impegno nella promozione di strategie aziendali e iniziative tese a rafforzare lo sviluppo di un’economia circolare e sostenibile in linea con la filosofia Kyosei: vivere e lavorare insieme per il bene comune. Come ci si riesce?
Quando si parla di economia circolare e strategia di sviluppo del prodotto all’interno di una multinazionale come Canon è ovvio che ci si riferisca a un approccio globale focalizzato sull’uso efficiente delle risorse, sul riciclo dei materiali e sulla rigenerazione delle apparecchiature (remanufacturing). A livello nazionale, invece, il nostro obiettivo principale è quello di ridurre sia gli impatti ambientali direttamente collegati alle nostre attività – come per esempio quelli generati dai consumi delle nostre sedi e dalla fornitura dei nostri servizi – sia gli impatti indiretti prodotti dall’utilizzo delle apparecchiature e dal successivo trattamento del loro fine vita. Un altro fattore cardine è il coinvolgimento delle nostre persone nelle fasi di formazione e in quelle di sviluppo delle strategie ambientali dell’azienda. Nel novembre 2020 Canon ha organizzato un hackathon sull’economia circolare che ha permesso ai dipendenti di proporre nuove idee per rendere l’azienda più sostenibile. Sono emersi degli spunti interessantissimi che andavano dalla riduzione della plastica negli uffici fino all’ottimizzazione dei nostri processi: l’attività di assistenza tecnica, la gestione degli imballaggi, il miglioramento dei trasporti e così via. Un altro pilastro della filosofia Kyosei è la Corporate Social Responsibility che noi di Canon coniughiamo con la definizione “Imaging for Good”, perché utilizziamo l’immagine come perno di iniziative sociali positive, prime fra tutte il Young People Programme, dedicato alle generazioni più giovani, e le partnership tecniche con diverse associazioni impegnate in campagne contro la violenza sulle donne, gli stereotipi di genere e per la sensibilizzazione sui cambiamenti climatici. La cornice di tutto ciò è rappresentata degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.
L’ambiente è anche una passione personale. Quali sono, secondo Lei, gli obiettivi da raggiungere in Italia per la salvaguardia del Pianeta?
Questa è la proverbiale domanda da un milione di dollari! Di certo non dobbiamo reinventare la ruota, ma concretizzare ancor di più il concetto delle tre “R” (ridurre, riutilizzare, riciclare) e guardare ad esso come il faro che illumina le nostre azioni come aziende e come singoli individui. È ormai diventato improrogabile agire sulla riduzione dei consumi, degli sprechi e dello sfruttamento delle risorse. In qualità di imprese siamo chiamate ad allungare la vita dei prodotti, così come passare definitivamente dal concetto di possesso a quello di servizio. Molti dei nostri partner forniscono già servizi di consulenza mirati che permettono ottimizzare e dimensionare in maniera corretta i parchi stampa dei clienti. Lo abbiamo fatto direttamente come azienda per ridurre gli sprechi e i costi, lo facciamo all’interno delle nostre associazioni di categoria per migliorare il settore della Pubblica Amministrazione. Abbiamo anche sviluppato delle linee guida per indirizzare i clienti pubblici e privati verso scelte virtuose che evitino loro di sovradimensionare o sottodimensionare le richieste riguardo al prodotto, perché in entrambi i casi si creerebbe un’inefficienza che causerebbe disservizi evidenti. Un’altra politica sulla quale ci stiamo concentrando come azienda è quella di favorire il riutilizzo delle apparecchiature attraverso i processi di ricondizionamento e ri-fabbricazione. Ormai tutti i marchi hanno linee di prodotti rifabbricati. Nel nostro caso, vengono riutilizzati più dell’80% di parti e componenti provenienti dalle apparecchiature usate. Si tratta di articoli che hanno qualità ed efficienza pari al nuovo, eppure i clienti sono ancora molto riluttanti ad accettarli preferendo quelli appena usciti dalla fabbrica. In questi casi sta a noi il compito di provare a far cambiare l’opinione ai consumatori per orientarli verso una scelta ambientalmente più sostenibile e anche più conveniente in termini economici, visto che i beni rifabbricati costano molto meno di quelli nuovi di zecca. Ultimo passaggio per l’ambiente, lo ripeto, è quello aumentare i tassi di riciclo con una gestione corretta del fine vita delle AEE e un recupero di materie prime sempre maggiore: un processo che garantirebbe ai Produttori di reintrodurre su larga scala materiali recuperati all’interno dei cicli di produzione del nuovo, il cosiddetto Closed Loop Recycling. Sono pratiche che tutti conosciamo, ma che per essere sviluppate hanno bisogno di tempo, impegno e risorse.
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