MENUMENU
Nei primi giorni del 2023 l’annuncio del governo svedese del più importante giacimento di terre rare in Europa ha in un certo senso avviato la nuova stagione di estrazioni minerarie da parte dell’Unione europea. Non a caso una delle direzioni principali del Critical Raw Material Act, la legge europea sulle materie prime critiche, va proprio nell’accelerazione della ricerca in tutto il Vecchio Continente di minerali e materiali come il litio, il cobalto, il titanio e il rame.
Lo scopo, come ribadito dalla Commissione europea in occasione della presentazione della propria proposta di legge lo scorso 16 marzo, è quello di ““garantire catene di approvvigionamento sicure e sostenibili per il futuro verde e digitale dell’Unione europea”. Nella consapevolezza che, da sole, le nuove estrazioni minerarie certamente non basteranno a placare la sete europea, ad alcune domande si può provare a rispondere sin da ora: quanto sono promettenti e dove sono i giacimenti finora individuati?
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Del giacimento svedese di terre rare abbiamo già accennato. Si tratta più precisamente di un giacimento a 150 chilometri a Nord del circolo polare artico, in una regione già tradizionalmente mineraria, anche se le nuove prospezioni promettono riserve “enormi”. In questo caso a occuparsi delle attività di ricerca, prospezione, estrazione e sfruttamento sarà la società pubblica LKAB. Secondo altre indicazioni interne alla Commissione europea, riportate dal sito Wired, per quanto riguarda il litio, tra le più ambite materie prime critiche, lo Stato principale per quanto riguarda l’aumento delle estrazioni sarà il Portogallo.
Per il sito Today i progetti di estrazione di litio sono tra i più numerosi. “In Finlandia – si legge – si prevede di cominciare l’estrazione di litio già nel 2024 in un piccolo sito minerario a 600 chilometri a nord di Helsinky. In Portogallo, è stata da poco individuata una riserva da 270mila tonnellate di litio, la Mina do Barroso, nel nord est del Paese. Altri progetti chiave sono il sito Cinovec di European Metals in Repubblica ceca, il progetto Wolfsberg della European Lithium in Austria, le cui operazioni potrebbero iniziare intorno al 2023, il progetto Zinnwald in Germania, e quello San Jose in Spagna”.
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Un documento interessante sulle materie prime critiche, probabilmente il più completo nel panorama italiano, è quello diffuso recentemente da ENEA e intitolato significativamente “Il problema delle materie prime critiche nella transizione ecologica”. In cui si legge che “la scommessa dell’attuale fase storica sta anche nel garantire un adeguato sistema di approvvigionamento di metalli e minerali che in alcuni casi potrebbero rivelarsi disponibili in quantità minori rispetto alla potenziale domanda mondiale. La loro concentrazione geografica pone peraltro nuove questioni alla gestione delle negoziazioni politiche e commerciali tra i paesi, mentre laddove si esprime in aree geografiche turbolente, o caratterizzate dall’assenza di sistemi di tutela – dell’ambiente, della salute e della sicurezza dei lavoratori – richiede l’attenzione al rispetto degli standard minimi di accettabilità etica e sociale”.
Uno dei capitoli più interessanti riguarda le possibili conseguenze della guerra in Ucraina proprio sul tema delle materie prime critiche. “Il conflitto russo-ucraino, e le conseguenze sui rapporti internazionali, interessa regioni del pianeta che rivestono una certa rilevanza nella produzione di materie prime su scala globale. In particolare, significativa risulta essere la produzione di materie prime critiche nel vasto territorio della Federazione Russa – si legge nel documento – La Russia risulta tra i paesi leader nella produzione di 13 tra le materie prime indicate come critiche dalla Commissione europea, con una rilevante quota, rispetto al totale mondiale, di palladio (41%), platino (12%) e rodio, che ne fanno uno dei principali produttori mondiali di metalli del gruppo del platino. Ingente anche la quota di produzione di vanadio (23%), titanio (21%), antimonio (17%), scandio (13%). Va segnalato il dato sulla produzione di nichel e rame, che collocano la nazione rispettivamente al 3° e al 4° posto della graduatoria mondiale (con l’8,6% e il 3,9%), di alluminio (con il 6% di quella mondiale) e la significativa quota di nichel di alta qualità (20%) destinato alla produzione delle batterie, settore particolarmente danneggiato dagli effetti della guerra (…) La produzione di materie prime estratte dal territorio dell’Ucraina ha quote decisamente inferiori alla Russia. Ragguardevole è la produzione ucraina di titanio (5° produttore mondiale), mentre si segnala, con quote minori, l’estrazione di manganese, uranio e zircone (elemento di pregio per la produzione di afnio). Tra le materie prime non critiche si segnala la produzione del minerale di ferro, che posiziona l’Ucraina tra le prime sei nazioni produttrici del mercato globale”.
Se è facile prevedere che quando terminerà il conflitto continuerà l’isolamento della Russia, dal punto di vista dell’Unione europea appare più promettente l’integrazione dell’Ucraina nei processi europei. Anche sulle materie prime critiche. In questo senso è fondamentale l’accordo di partenariato strategico firmato dall’Ue con l’Ucraina a luglio 2021. Come ricorda ENEA, “l’accordo tocca temi di interesse comune tra Ue e Ucraina sull’efficienza energetica, l’idrogeno, le regioni carbonifere in transizione, le alleanze industriali europee nelle materie prime e nelle batterie e l’intera governance climatica. Nello specifico delle materie prime critiche, l’attenzione europea è rivolta al grande potenziale delle riserve ucraine ancora da esplorare, supportandone la modernizzazione dell’industria estrattiva”.
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di Redazione EconomiaCircolare.com
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